What's in a book, n.2

Il carteggio Aspern, di Henry James (in Il carteggio Aspern e altri racconti, Garzanti editore, 1996, traduzione di Gianna Lonza), titolo originale: The Aspern Papers (1888).

Scritto da James nel 1887, durante un suo soggiorno in Italia, questo breve romanzo prende spunto in realtà da un aneddoto di cui lo scrittore sente parlare a Firenze (riportato in un passo del suo diario), riguardante un carteggio di lettere tra i poeti Shelley e Byron, del quale una certa Miss Claremont (che fu l'amante di Byron)  rimane l'unica, ormai anziana depositaria, e dei tentativi del capitano Silsbee, bostoniano appassionato di Shelley, di entrare in possesso del carteggio. La storia accende la fantasia di James: lo sfondo si sposta a Venezia, il protagonista, appassionato dello scrittore Jeffrey Aspern, prende in affitto per l'allora esorbitante cifra di mille franchi al mese un alloggio presso le signorine Bordereau, con lo scopo segreto di appropriarsi dell'agognato carteggio.

Il percorso psicologico compiuto dal protagonista si sviluppa per centri concentrici (secondo una dinamica che compare in un altro capolavoro jamesiano, Il giro di vite), inizia già a partire dalla fascinazione dell'idea di avvicinare feticisticamente chi un tempo è entrato in contatto con il suo autore/idolo:  Molto tempo addietro il loro nome era risuonato accanto a uno dei più grandi nomi del secolo, e ora conducevano un'oscura esistenza a Venezia, povere, schive, inaccostabili, segregate in un vecchio palazzo in rovina. Con il pretesto di voler usufruire di una dimora con giardino, l'uomo attua la sua strategia di avvicinamento progressivo, una sorta di incursione senza scrupoli, nella vita ritirata e austera della signora Juliana Bordereau, e della più giovane nipote Tina, seguendo l'impulso della sua personale ossessione: ..."l'angolo più delizioso di Venezia; non riesco a immaginare nulla di più incantevole" , mi affrettai a rispondere. La voce dell'anziana signora era sottile e fioca, ma aveva un mormorio gradevole, raffinato, e c'era del miracoloso nel pensiero che quella particolare nota fosse risuonata nell'orecchio di Jeffrey Aspern. 

Con  freddezza e ironia, senza compiacimenti estetizzanti né sentimentali, James conduce il lettore nella vicenda e nella coscienza del protagonista, in una Venezia apparentemente accogliente e scintillante, ma ma non per questo meno misteriosa e allusiva: La grande basilica con le sue cupole basse e gli ispidi merletti, con il mistero dei suoi mosaici e delle sue sculture, appariva spettrale nella soffusa oscurità, e la brezza marina passava, fra le colonne gemelle della Piazzetta e fra gli architravi di una porta non più sorvegliata, con la morbidezza di un ricco tendaggio oscillante. Così, tra dialoghi talvolta serrati da una punta di crudeltà e  suggestioni indirette, nella cornice liquida della città, si susseguono eventi apparentemente scorrevoli come la superficie dell'acqua, che tuttavia celano nella loro profondità segrete e nascoste simmetrie, fino all'imprevedibile finale.



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