What's ..in the school: quando nel quotidiano nasce il colore.

Ieri mattina, sfogliando le pagine di Repubblica, edizione nazionale, trovo un'immagine inaspettata: la terza C, la mia classe, la terza liceo dove, da quest'anno, insegno Italiano.

Sorseggio la mia seconda tazza di caffè, mentre guardo la foto, e i visi dei miei studenti mi guardano da lì, sorridenti, colorati, con il mood ironico e scanzonato che sempre li distingue. 

Perché ogni classe ha un suo carattere, come le singole  persone, e loro di carattere, nonché di creatività, ne hanno da vendere.

Tuttavia mi soffermo perplessa sul titolo dato dalla giornalista di Repubblica: "Oggi il dress code lo decidiamo noi. La passerella a scuola è anche una protesta".

Ma siamo sicuri, cari adulti, che sia una questione di dress code? Sicuri che questa iniziativa, altrimenti detta Fashion week, riguardi il problema di come vestirsi? 

Per chi ci vive tutti i giorni, nelle aule, fisiche e virtuali, forse la questione è più ampia. 

E mentre bevo il caffè ripenso alla mia lezione di martedì con loro: si sono presentati tranquilli e composti, secondo il codice di comportamento di correttezza e attenzione che insieme condividiamo, che come docente ritengo fondamentale per una lezione che dia qualche risultato. Nel programma della giornata c'era un testo cult di Petrarca, Chiare, fresche e dolci acque, un testo iconico, non facile, del nostro grande modello poetico. Dai loro banchi, sentivo l' attenzione, gli sguardi attenti, le domande per capire meglio il testo e l'autore, per cercare un confronto su come e quanto un testo scritto secoli fa possa ancora dirci qualcosa. E loro erano vestiti colorati e ognuno diverso dall'altro, bellissimi, con abiti e spunti creativi presi dagli oggetti di tutti i giorni, eppure assorti e concentrati. Insomma, c'era un'armonia, c'era soprattutto una leggerezza (non nel senso di superficialità, ma direi piuttosto in senso 'calviniano') che mi ha fatto riflettere sul significato da attribuire a questa 'fashion week', con le giornate a tema, indetta nelle scuole superiori in questi giorni. 

Io non posso esprimermi per quanto riguarda le altre scuole, ma sulla mia scuola e sulla mia classe, che pure conosco solo da settembre, sì: dopo due anni burrascosi per pandemia, distanze fisiche e virtuali, restrizioni varie, a tutt'oggi si aggiunge la realtà distopica della guerra che non è un sottofondo lontano, ma un problema di cui i ragazzi stessi vogliono parlare, forse per esorcizzare, o forse per capire il vortice del cupio dissolvi che la nostra generazione invece credeva non dovesse tornare più.

 Ecco, anche in un clima come questo, è proprio l'atto creativo a restituire lo spiraglio e la brillantezza al quotidiano, una scelta cromatica ed esistenziale che mette al primo posto la creatività nel suo senso più nobile, nella capacità di ridefinire e dare un senso autorale, attivo, a ciò che facciamo. Lo spiraglio della Bellezza, del saper interpretare una moda non nella cifra del disimpegno e della protesta - in questo devo infatti dissentire dal titolo del quotidiano- ma nel segno dell'entusiasmo, della giovinezza che ha speranza, della creatività che costruisce. E forse non è un caso che proprio questa classe - giorni fa, in un compito di scrittura creativa, in cui ci si doveva immedesimare in Petrarca e scrivere una lettera o una pagina di diario fingendo di essere lui-  abbia scritto pagine bellissime, mature, sensibili, degne di un'antologia.


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