Possessione, di Antonia S. Byatt  (Titolo originale Possession. A romance. 1990; ed. italiana: Torino Einaudi 1992)

Tutto inizia da un libro: in una sala della London Library alle 10 di mattina di un giorno di settembre del 1986, Roland Mitchell, giovane ricercatore a contratto, apre con emozione il volume  ancora ricoperto di "nera, densa, tenace polvere vittoriana" di Randolph Henry Ash, poeta vittoriano di cui sta studiando le fonti letterarie. Dal libro spunta inaspettato un fascio di appunti: Il libro si aprì, come una scatola, liberando fogli su fogli di carta sbiadita, blu, crema, grigia, zeppi di scrittura rugginosa, dei graffi ingialliti di un pennino d'acciaio. Roland riconosce la grafia con emozione, legge e prende nota. Sembra una tranquilla mattinata di studio, poi l'improvvisa scoperta: due lettere indirizzate ad una donna, senza anno, mai spedite. Chi poteva essere la misteriosa destinataria? Ne esisteva una versione definitiva? 

Ed ecco l'impulso che dà il via alla vicenda: si guardò attorno: nessuno lo osservava. Fece scivolare le lettere tra le pagine della sua copia delle opere scelte di Ash, che non abbandonava mai. Poi, come se niente fosse fosse successo, Roland  torna alla sua vita di sempre, al seminterrato di una fatiscente casa vittoriana che condivide con la fidanzata Val, ai suoi studi e alla sensazione di non aver ancora realizzato le sue ambizioni accademiche, insieme al vago senso di insoddisfazione e fallimento che pervade la sua vita. Ma quelle lettere, sottratte in un impeto irrefrenabile ma non immune da sensi di colpa, sono come un sasso gettato nello stagno, tanto che Ronald darà una svolta diversa al proprio percorso mettendosi sulle tracce di una vicenda di un secolo prima, coinvolgendo nella sua ricerca un'altra studiosa, Maud Bailey. 

Scritto in uno stile coinvolgente, asciutto eppure costellato di citazioni letterarie che non sovrastano mai la storia apparentemente quotidiana e semplice del protagonista, questo romanzo riflette la straordinaria capacità narrativa della Byatt insieme alla sua inscindibile identità di critica letteraria, come una sorta di 'storia della storia' da cui il lettore è avviluppato e attratto per tutto lo svolgimento dell'intreccio, è proprio il caso di dire, " in una sorta di possessione."


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